Se l’inclusione è il solo problema: l’approccio “Canine Only”.

DESCRIZIONE DEL CASO CLINICO

Caso clinico di inclusione canina trattato in modo semplice attraverso un approccio mininvasivo con cantilever ed ancoraggio scheletrico. E’ il caso di Luisa, paziente adolescente che è stata mantenuta in semplice controllo di crescita per ben 5 anni, dal 2017 al 2021. Luisa presentava infatti, alla prima visita eseguita nel 2017, una buona occlusione complessiva e un buon modello di crescita craniofacciale purtroppo associati ad ereditarietà per l’inclusione canina nel ramo materno. All’anamnesi veniva riportato che sia la mamma sia zia la materna sia la sorella maggiore presentavano inclusione canina. Queste due prime considerazioni saranno basilari per le decisioni terapeutiche: se da un lato il gradevole sviluppo della dentatura di Luisa renderà moderatissima, se non addirittura nulla, l’indicazione a un trattamento ortodontico complessivo, dall’altro la forte familiarità per l’inclusione ci spingerà dapprima ad essere a lungo guardinghi verso l’eruzione dei canini superiori -pur senza voler intervenire ortodonticamente- e infine a decidere di agire nei riguardi di 13 incluso che non erompeva pur se ben posizionato in sede intraossea. Infine, il fatto che l’occlusione e l’estetica complessiva fossero piacevoli hanno guidato alla scelta di un approccio limitato e mininvasivo.

Le prime 5 immagini sono relative ad altrettante panoramiche scattate nell’arco di 5 anni e a 12 mesi circa di intervallo temporale fra l’una e l’altra. Questi 5 esami sono stati effettuati alla luce della forte familiarità della paziente per l’inclusione canina. Gli esami del 2017, 2018 e 2019 mostravano una permuta dentaria decisamente regolare. Nel 2020 si osservava invece un primo segnale d’allarme: 23 era oramai erotto mentre 13 non lo era ancora, mentre persisteva 53 privo di mobilità. Si proponeva alla famiglia di tentare lo sblocco eruttivo di 13 attraverso l’estrazione di 53 ma si incontravano forti resistenza da parte della paziente, adolescente dal carattere non facile, che preferiva “non togliere il dente da latte ma aspettare e vedere se quello dentro esce da solo”. I genitori, già alle prese con altri problemi relazionali con la figlia, preferivano non incaponirsi. Complici le resistenze della paziente e le perplessità dei genitori, accettavamo la decisione di attendere ancora. Da letteratura sappiamo infatti che l’estrazione del corrispondente deciduo favorisce ma non determina in modo sistematico l’eruzione di un canino permanente che tende all’inclusione. Fosse mai stato il caso di Luisa, ci saremmo trovati in una situazione relazionale complessa avendo fatto estrarre un deciduo che garantiva estetica, inficiandola senza aver dato un vantaggio effettivo. Un anno dopo, la situazione eruttiva è rimasta di fatto invariata, con 53 sempre fermo e 13 in posizione certamente favorevole ma con apice oramai chiuso e un destino eruttivo incerto. Riflettiamo nuovamente con la famiglia sul da farsi, domandandoci se lasciare le cose al loro destino oppure procedere con un trazionamento. Luisa, cresciuta di un anno e più matura, affronta con più lucidità il problema e inizia a prendere in maggiore considerazione l’eventualità -per lei inquietante- che 53 possa un giorno esfoliare e 13 rimanere incluso. I suoi genitori cavalcano il suo entusiasmo e noi pure: insieme decidiamo di affrontare il problema e procedere con la disinclusione di 13. L’obbligo di mascherina del 2021 contribuisce certamente a dare coraggio a Luisa. Ma -come vedremo- le restrizioni del 2021 e di inizio 2022 condizioneranno la gestione clinica del caso.

I records di inizio caso, raccolti a luglio 2021, mostrano un’occlusione che -inclusione di 13 a parte- avrebbero tratto poco o nessun beneficio da un eventuale trattamento ortodontico complessivo. Alla luce di questa considerazione propendevamo per un trattamento limitato, finalizzato alla sola disinclusione di 13. Aspetto critico dei trattamenti limitati è l’ancoraggio, termine con il quale si intende ogni forma di spostamento dentale indesiderato. Alla luce di queste considerazioni sceglievamo di utilizzare come apparecchiatura un cantilever in TMA 0.017×0.025 ancorato due miniviti posizionati vestibolarmente fra le radici di 15 e di 16. Tutti conosciamo i vantaggi clinici della trazione di un dente incluso per mezzo di cantilever: facilità e rapidità di realizzazione, attivazione, e regolazione, costanza quantitativa (i livelli di forza rimangono costanti nel corso del trazionamento) e qualitativa (le forze si sviluppano sempre nelle stesse direzioni). I due ultimi aspetti favoriscono, per ragioni biologiche, un movimento eruttivo celere. Tutti i vantaggi vengono inoltre garantiti a fronte di costi di realizzazione assai modesti.

Per quanto riguarda la scelta dell’ancoraggio nel quale inserire il cantilever, optavamo per 2 miniviti da 8 mm di lunghezza e 1,5 di diametro. La decisione di posizionarne due è stata presa alla luce del fatto che le miniviti non si osteointegrano mai e possono pertanto sempre avvitarsi e svitarsi: se le viti sono 2 questo problema -per ragioni meccaniche- non si può invece presentare. Il fatto che il filo del cantilever debba essere inserito nella testa della vite limita tuttavia la possibilità di scelta merceologica alle sole miniviti che presentino testa a forma di bracket. La scelta del diametro da 1.5 mm è in funzione di un compromesso fra resistenza strutturale della vite e maggiore libertà di collocamento interradicolare. Le miniviti venivano posizionate in pochi minuti dal dottor Gianfranco Macrì nel novembre del 2021: la prima in gengiva aderente e la seconda in corrispondenza della linea mucogengivale. Subito dopo il posizionamento delle miniviti giungeva l’ora di estrarre il deciduo che, una volta estratto, mostrava ancora molta radice sul versante vestibolare, segno del fatto che 13 si trovava in posizione lievemente palatale e verosimilmente -se mai fosse erotto spontaneamente- lo avrebbe fatto in cross bite. La posizione decisamente favorevole di 13 consentiva di incollare il bottone di trazione senza eseguire lembi, ovviamente dopo avere eseguito una accorta pulizia della superficie dello smalto. Il cantilever veniva modellato e posizionato subito dopo il posizionamento delle viti in modo da iniziare immediatamente il trazionamento vero e proprio sfruttando in questo modo l’effetto “RAP” (movimento ortodontico accelerato) che consegue a qualsiasi insulto biologico e perdura 25 giorni. Cantilever e basetta con occhiello venivano collegati attraverso una “scala a pioli” preparata con filo metallico per legature. Nel dicembre del 2021, a 4 settimane dall’intervento, affiorava dai tessuti la basetta con occhiello. Nel gennaio del 2022 la paziente, costretta in casa per quarantena preventiva anche se negativa al Covid, non poteva presentarsi agli appuntamenti proposti. All’inizio di febbraio il padre di Luisa ci inviava una serie di foto che portavano una notizia buona (13 era erotto) e una cattiva: il cavo da trazione si era rotto poichè entrato da alcuni giorni in contatto occlusale con il canino antagonista. Il genitore veniva istruito via mail e telefono a tagliare il filo utilizzando un piccolo tronchese per bricolage igienizzato e a posizionare cera ortodontica per impedire irritazioni ai tessuti. Al controllo di fine febbraio, 13 si presentava erotto quasi per metà e si procedeva pertanto ad applicare un nuovo cantilever. L’ironia della sorte vuole che la paziente contragga successivamente, a fine febbraio, il Covid e venga nuovamente costretta a casa. Il padre invia nuova email per darci altre 2 notizie, una buona e una cattiva: il canino è fuori del tutto ma sta “scendendo troppo”. Oramai provetto ortodontista, il papà viene prudenzialmente istruito a tagliare il cantilever nello stesso punto del taglio precedente e a tagliare anche il cavo di trazione, cosa che riuscirà a fare senza causare il distacco del bottone. Nel controllo del marzo del 2022, 13 è in arcata e il risultato conseguito viene ritenuto da famiglia, paziente e ortodontisti più che soddisfacente. Si decide pertanto di rimuovere il bottone di trazione e programmare dapprima la rimozione delle viti (marzo ’22) e infine i records finali (aprile ’22).

Questo caso, pur nella sua semplicità, è stato per noi spunto per alcune riflessioni che desideriamo condividere.

  1. Il canino incluso… è sempre un avversario insidioso. A volte, come in questo caso, lo è per un comportamento poco prevedibile: perchè mai 13, nel 2019 “perfetto”, nel 2020 non era erotto mentre 23 sì? 13 sarebbe mai erotto spontaneamente? Il trazionamento è stato effettivamente necessario? Le nostre considerazioni al punto 3.
  2. Il percorso decisionale può essere condizionato da limitazioni imposte dal paziente? Nell’ottica di un trattamento ortodontico “patient centered”, è giusto che il paziente esprima le proprie aspettative, preferenze, timori e che queste vengano -se possibile- prese in considerazione? A nostro modo di vedere, sì. Ovviamente nei limiti del buon esito del trattamento, in caso contrario… meglio salutarsi serenamente prima ancora di iniziare. Luisa aveva chiesto di non estrarre 53 senza la certezza assoluta di avere il 13 in arcata da lì a poco, cosa impossibile da promettere. Meglio -a nostro modo di vedere- attendere e piuttosto andare a un trazionamento più avanti nel tempo, forti del fatto che ci saremmo comunque ancora trovati in adolescenza, fase anagrafica ancora favorevole per la gestione delle inclusioni.
  3. Era proprio necessario trazionare 13? Sarebbe mai potuto spuntare da solo? Forse sì, chissà. Certo è che il dente è sceso in arcata in 90 giorni circa, lasso di tempo quantomeno accettabile per la risoluzione di un problema che si trascinava da tempo, con prospettive indefinite. Tuttavia, il fatto che la radice di 53 si presentasse dopo l’estrazione ancora molto rappresentata sul versante vestibolare è suggestiva del fatto che 13 -se anche fosse erotto spontaneamente- lo avrebbe verosimilmente fatto sul versante palatale. L’averlo trazionato potrebbe avere scongiurato una problematica ortodontica “scomoda”: la correzione della posizione di un canino in morso incrociato, sempre ostica da gestire.
  4. La croce e le delizia del cantilever, il cui più grande pregio coincide col più grande difetto. E’ velocissimo e rimane attivo a lungo. Ma proprio per questo, se non controllato in modo regolare e costante, può creare problematiche come quelle viste nel caso: contatti occlusali imprevisti oppure eruzioni eccessive del dente. Nulla di problematico in caso di controlli regolari ma in caso di pazienti poco costanti o… di pandemie, questo aspetto può rivelarsi critico.
  5. Quale versante di trazione preferire: vestibolare o palatale? Se possibile -a nostro modo di vedere- sempre meglio il vestibolare che riduce il rischio di disconfort o di fratture e ingestioni in caso di malaugurate fratture ma soprattutto favorisce biomeccanicamente l’eruzione in cresta, obiettivo ideale di ogni trazionamento.
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